Zarathustra 67 | FUOR DI SERVIZIO

FUOR DI SERVIZIO

Ma Zarathustra aveva da poco tempo lasciato il negromante, quando vide nuovamente qualcuno sedere lungo la via che percorreva, un uomo lungo e nero con il volto pallido e scarno, che lo turbò profondamente. «Guai a me! – diss'egli nel suo cuore – vedo afflizione mascherata, ciò mi sembra appartenere ai preti: che vogliono essi nel mio regno?

Come! Mi sono appena incontrato in quel mago ed ecco un altro negromante passa sul mio cammino, –

– uno stregone qualsiasi che impone le mani, un oscuro taumaturgo per la grazia di Dio, qualche muto calunniatore del mondo, se lo porti via il diavolo!

Ma il diavolo non è mai al suo posto quando si avrebbe bisogno di lui; sempre giunge troppo tardi, questo maledetto nano; questo maledetto piede storto!».

Così imprecava Zarathustra, impaziente in cuor suo, e pensava come avrebbe potuto passare dinanzi all'uomo nero con la faccia rivolta altrove: ma ecco, avvenne altrimenti; giacchè allo stesso momento, colui che sedeva lo scorse, e simile a chi riceve improvvisamente una grazia, balzò in piedi e si diresse verso Zarathustra.

«Chiunque tu sia, viandante errante, diss'egli, aiuta uno smarrito, un vecchio cui potrebbe qui venir male. Questo mondo mi è straniero e lontano; sentii anche urlare bestie feroci, e colui che avrebbe potuto ricoverarmi, è sparito egli medesimo.

Cercai l'ultimo uomo pio, un santo, un eremita, che, solo nella sua foresta, non aveva ancor sentito dire ciò che oggi sa tutto il mondo».

«Che cosa sa oggi tutto il mondo?» chiese Zarathustra. «Questo, forse, che non vive più il vecchio Dio nel quale credette un giorno la gente?».

«L'hai detto, rispose tristamente il vecchio. Ed ho servito quest'antico Dio fino alla sua ultima ora.

Ma adesso sono fuori di servizio, sono senza padrone e, ciò non ostante, non libero; e inoltre non sono mai lieto se non nei miei ricordi.

Ecco perchè ascesi queste montagne, per celebrar nuovamente una festa come s'addice a un vecchio pontefice, ad un vecchio padre della chiesa; giacchè devi sapere che sono l'ultimo papa! Una festa di pio ricordo e di culto divino.

Ma ora morì egli stesso, l'uomo più pio, quel santo della foresta che ringraziava Dio senza posa con sussurri e con canti. Non lo trovai quando scopersi la sua capanna – scorsi invece due lupi che urlavano a cagione della sua morte – giacchè tutti gli animali lo amavano; allora fuggii. Venni dunque invano in queste foreste e montagne? Ma il mio cuore si decise a cercarne un'altro, il più pio di quelli che non credono in Dio – a cercar Zarathustra!».

Così parlava il vecchio, e guardava con occhio penetrante quegli che gli stava in piedi, dinanzi; ma Zarathustra afferrò la mano del vecchio papa e la contemplò a lungo, con ammirazione.

«Vedi dunque venerabile», disse poi, «che bella mano affilata. Questa è la mano di qualcuno che sempre benedisse. Ma ora essa stringe quella di colui che tu cerchi: di Zarathustra.

Io sono Zarathustra, l'empio, che dice: chi è più empio di me, affinchè io mi rallegri del suo insegnamento?» –

Così parlò Zarathustra penetrando con lo sguardo i pensieri più intimi del vecchio pontefice. Infine questi comincio:

«Colui che l'amava e lo possedeva di più è quello stesso che di più lo perdette: –

– guarda, tra noi due non sono io forse, adesso, il più ateo? Ma chi potrebbe rallegrarsene?» –

«Tu lo servisti fino alla fine? – chiese pensieroso Zarathustra dopo un lungo e profondo silenzio – e tu sai come è morto? È vero quanto si dice, che l'abbia strangolato la sua compassione,

– la pietà di veder l'uomo sospeso alla croce senza poter sopportare che l'amore per gli uomini divenisse il suo inferno ed infine la sua morte?»...

Ma il vecchio pontefice non rispose; distolse paurosamente lo sguardo con un'espressione dolorosa e cupa.

«Non ci pensar più, rispose dopo una lunga riflessione Zarathustra, guardando sempre il vecchio negli occhi.

Non ci pensar più; egli è perduto. E sebbene ti torni ad onore non dir che bene di tal morto, tu sai però quanto me, chi egli era, e ch'egli seguiva vie singolari.

«Detto a tre occhi» disse rasserenato il vecchio papa (giacchè egli era cieco da un occhio) «circa le cose di Dio, io son più dotto di Zarathustra – e ne ho il diritto.

Il mio amore servì Dio per lunghi anni, la mia volontà seguì sempre la sua. Ma un buon servitore sa tutto, ed anche certe cose che il padrone nasconde a sè stesso. Era un Dio nascosto, pieno di miti. In verità non ebbe un figlio che per vie storte. Sulla soglia della sua fede sta l'adulterio.

Chi lo esalta quale un Dio d'amore non possiede un'idea abbastanza elevata dell'amore stesso. Questo Dio, non voleva forse esser anche giudice? Ma colui che ama, ama al di là del castigo e della ricompensa.

Quand'era giovane, questo Dio dell'Oriente, era duro e vendicativo, ed edificò un inferno per il piacere dei suoi prediletti.

Ma divenne infine vecchio, tenero, molle e pietoso, più somigliante a un avo che a un padre, somigliando anzi meglio ad una vecchia nonna barcollante.

E sedeva così, avvizzito, nel suo cantuccio, presso la stufa; dolendosi delle gambe indebolite, stanco del mondo, stanco della volontà; e soffocò un giorno per la troppo grande pietà di sè stesso».

«Vecchio pontefice» disse allora Zarathustra, «hai veduto ciò coi tuoi occhi? Può ben darsi che sia avvenuto così: così, e anche altrimenti. Quando muoion gli dèi, muoiono sempre molte specie di morti.

Ebbene! In un modo o nell'altro – egli non è più. Egli ripugnava ai miei occhi ed alle mie orecchie, non potrei rimproverargli nulla di peggio.

Amo tutto ciò che ha chiaro lo sguardo e parla con franchezza. Ma lui – lo sai bene, vecchio prete, aveva qualcosa della tua specie, della specie sacerdotale, era equivoco. Anche oscuro era. Quanto non s'adirò contro di noi, perchè non sapevamo comprenderlo! Ma perchè non parlava più chiaramente?

E se era colpa delle nostre orecchie, perchè ci diede orecchie che l'intendevano male? Se c'era del limo nelle nostre orecchie, ebbene! chi ve lo mise?

Troppe cose non riuscirono a lui, il vasaio che non aveva finito d'imparare la sua arte. Ma ch'egli si sia vendicato sui suoi vasi e sulle sue creature perchè gli erano mal riuscite – questo fu un peccato contro il buon gusto.

Vi è pure un buon gusto nella pietà; questo buon gusto disse alla fine: «Via con un simile Dio! Meglio non aver Dio, meglio che ciascuno si fabbrichi col suo pugno la sorte, meglio essere folli, meglio esser Dio noi stessi!».

«Che sento?» disse allora il vecchio pontefice tendendo le orecchie: «O Zarathustra, tu sei più pio di quanto credi, con la incredulità! Ti convertì un Dio all'empietà.

Non è forse la tua stessa pietà che t'impedisce di credere in Dio? E la tua grande rettitudine finirà per condurti di là del bene e del male!

Vedi un po' ciò che ti fu riservato! Tu hai occhi, una mano e una bocca predestinati a benedire dall'eternità. Non si benedisce con la mano soltanto.

Presso di te, sebben tu voglia essere l'empio maggiore, sento un segreto profumo d'incenso, una fragranza di lunghe benedizioni: mi sento bene e male ad un tempo. Lascia che sia ospite tuo, o Zarathustra, per una notte soltanto. In nessun luogo sulla terra mi sentirei meglio che presso di te!».

«Amen! Sia così! – gridò Zarathustra con gran meraviglia, – lassù è il sentiero che porta alla caverna di Zarathustra.

E in verità, vorrei condurti ivi io stesso, venerabile, poi che amo tutti gli uomini pii. Ma mi chiama adesso, urgente, un grido di aiuto, lungi da te.

Nel mio dominio non deve accadere sciagura a nessuno: in buon porto è la mia caverna. E più di tutto vorrei ricondurre sulla terra ferma gli afflitti e rimetterli salvi sulle loro gambe.

Ma chi ti toglierebbe dalle spalle la tua melanconia? Io sono, per far ciò, troppo debole. In verità dovremmo attendere a lungo perchè qualcuno risvegliasse il tuo Dio.

Il vecchio Dio, infatti, non vive più: e egli è morto davvero». –

Così parlò Zarathustra.

 

Così parlò Zarathustra

Traduzione italiana di Domenico Ciampoli