Zarathustra 28 | DEI VIRTUOSI

DEI VIRTUOSI

A colpi di tuono e con fuochi celesti bisogna parlare ai sensi torpidi e fiacchi.

Ma la voce della bellezza parla sommesso; s'insinua soltanto nelle anime sveglie.

Oggi vibrò leggermente e sorrise il mio scudo; questo è il riso sacro e il fremito della bellezza.

Di voi, o virtuosi, rise oggi la mia bellezza. E così giunse a me la sua voce: «essi vogliono ancora – venire pagati!»

Volete ancora esser pagati, o virtuosi! Chiedete il premio per la virtù, il cielo per la terra, per l'oggi l'eternità?

E v'adirate con me, perchè insegno che non v'ha chi rimunera e paga? In verità non ho mai insegnato che la virtù sia premio a sè stessa.

Ah, questo è il mio affanno: con astuzia si mise la ricompensa e il castigo in fondo alle cose – e anche nel fondo delle anime vostre, o virtuosi! Ma simili alle zanne del cinghiale, le mie parole strazieranno le anime vostre: voglio che mi chiamiate il vostro vomere.

Tutti i misteri dell'intimo vostro debbono venire alla luce; e quando giacerete al sole spogliati e infranti, sarà la vostra menzogna separata dalla verità.

Giacchè è questa la verità vostra: voi siete troppo puri per la sozzura delle parole: vendetta, castigo, mercede, compenso.

Vai amate la vostra virtù, come la madre il bambino; ma quando mai s'è sentito che una madre voglia esser pagata del suo amore?

È per voi la cosa più cara, la vostra virtù. La brama dell'anello è in voi: è per raggiunger sè stesso che ogni anello si torce e si gira.

E simile a un astro spegnentesi è ogni opera della vostra virtù; la sua luce è ancora sempre in cammino e cammina – quando mai non sarà più per la strada?

Così la luce della vostra virtù ancora risplende, anche quando è compiuta già l'opera. Questa può essere morta o dimenticata: il suo raggio di luce sussiste ancora e cammina.

Sia la vostra virtù la vostra intima essenza e non qualche cosa d'estraneo, una scorza, una veste: ecco la verità sul fondo dell'anima vostra, o virtuosi!

Ma ci sono taluni per i quali la virtù si chiama uno spasimo sotto la frusta: e voi ne avete troppo ascoltato le grida!

E ci son altri che dicon la virtù pigrizia dei vizî; e quando il loro odio e la loro invidia diedero l'ultimo respiro, la loro «giustizia» si sveglia e si frega gli occhi assonnati.

E ci son altri che vengon spinti all'ingiù: i loro demoni li attirano a sè. Ma più sprofondano, più lampeggia ardente il loro occhio e la brama del loro Dio.

Oh, pur le grida di costoro giunsero alle vostre orecchie, o virtuosi: «ciò che io non sono, questo è per me Dio e virtù!»

E ve ne son altri che giungono gravi e stridenti come carri che trasportino sassi alla valle: essi parlano molto di dignità e di virtù – e chiamano il loro freno virtù!

Ed altri assomigliano ad orologi da caricarsi ogni giorno: fanno il loro tic-tac e vogliono che il loro tic-tac si chiami virtù.

In verità costoro mi piacciono: dove troverò tali orologi, li caricherò col mio scherno; e bisognerà bene che camminino!

Ed altri vanno superbi della loro manciata di giustizia e commettono per essa delitti contro tutte le cose: così che il mondo perisce annegato nella loro ingiustizia.

Oh, quanto male suona su le labbra di costoro la parola «virtù»! E quando dicono: «sono giusto» ciò suona sempre: «son vendicato!».

Con la loro virtù vogliono cavar gli occhi ai loro avversari; e solo si esaltano per umiliare.

Ve ne sono altri ancora i quali seduti nella loro palude, così parlano attraverso i giuncheti: «Virtù – è il seder silenziosi nella palude.

Noi non mordiamo nessuno ed evitiamo coloro che vogliono mordere: e in tutte le cose abbiamo l'opinione che ci fu data».

Ve ne sono di tali che amano gli atteggiamenti, e che pensano essere la virtù una specie di atteggiamento.

Le loro ginocchia pregano sempre, e le loro mani si giungono per lodar la virtù; ma il loro cuore non sa nulla di questo.

E ci sono ancor altri che credono sia virtuoso il dire: «la virtù è necessaria»; ma in fondo essi credono solo alla necessità della polizia.

E qualcuno che non sa vedere ciò che v'ha di più grande nell'uomo, chiama virtù il veder troppo da vicino ciò ch'egli ha di più basso: e virtù chiama il suo malocchio.

E alcuni vogliono essere edificati e sollevati e chiamano questo virtù; e altri vogliono venir rovesciati – e chiamano anche questo virtù.

E così quasi tutti credono di avere la loro parte di virtù; o almeno ciascuno pretende di conoscere il «bene» ed il «male».

Ma Zarathustra non venne per dire a questi menzogneri e insensati: «che sapete voi della virtù? Che cosa potreste sapere voi della virtù?» –

Ma venne perchè voi, miei amici, vi stanchiate delle vecchie parole che avete imparato dai mentitori e dai folli.

Vi stanchino le parole «mercede», «ricompensa», «castigo», «vendetta nella giustizia» –

Siate stanchi di dire: «ch'è buona un'azione perchè senza interesse».

Oh, miei amici! Nell'azione il vostro io si riveli come la madre nel figlio: sia questa la vostra parola di virtù!

In verità io vi tolsi almeno cento parole e i più cari trastulli della vostra virtù; ed ora con me v'adirate, come i bambini s'adirano.

Giuocavano presso il mare – giunse l'onda e travolse nel grembo profondo i loro trastulli; ed ora essi piangono.

Ma la medesima onda porterà loro nuovi giocattoli e getterà loro dinanzi nuove screziate conchiglie!

Così saran confortati; e anche voi, miei amici, avrete i vostri conforti – e nuove screziate conchiglie!

Così parlò Zarathustra.

 

Così parlò Zarathustra

Traduzione italiana di Domenico Ciampoli