Zarathustra 75 | IL CANTO DELLA MALINCONIA

IL CANTO DELLA MALINCONIA

1.

Quando Zarathustra pronunciò quel discorso si trovava quasi sulla soglia della sua caverna; ma con le ultime parole lasciò i suoi ospiti e uscì per un poco all'aperto.

«O puri effluvi che mi circondate», gridò, «o beato silenzio intorno a me! Ma dove sono i miei animali? Venite, venite, aquila mia e mio serpente!

Ditemi dunque, miei animali: tutti quegli uomini superiori – forse odorano male? O puri effluvi intorno a me. Ora soltanto so e sento quanto vi ami, o miei animali».

E Zarathustra disse ancora una volta: «Vi amo, o miei animali!» Ma l'aquila e il serpente gli si strinsero vicino mentre pronunciava queste parole, ed alzarono gli sguardi verso di lui. E così tutt'e tre se ne stavan silenziosi insieme, assaporando l'aria balsamica. Giacchè l'aria era migliore, qui, all'aperto, che tra gli uomini superiori.

2.

Ma Zarathustra aveva appena lasciato la sua caverna quando il vecchio mago s'alzò e guardandosi intorno maliziosamente disse: «Egli è uscito!

E già, uomini superiori – permettetemi di adularvi con questo epiteto lusingatore – già il mio spirito maligno e ingannatore, il mio spirito di mago, s'impossessa di me, il mio demone della malinconia,

– che è avversario acerrimo di Zarathustra: perdonategli! Ora vuol fare incantesimi dinanzi a voi, ed è appunto questa la sua ora; invano io lotto con lo spirito mio maligno.

A voi tutti, quali si siano gli onori che vi attribuite con le parole, sia che vi chiamate «spiriti liberi» oppure i «veridici» o «i penitenti dello spirito», o i «ribelli» o «i grandi nostalgici»,

– a voi tutti che soffrite al pari di me del grande disgusto, per i quali morì l'antico Dio senza che nessun nuovo Dio s'agiti ancora nella culla tra le fasce – a voi tutti è amico il mio spirito maligno, il mio demonio incantatore.

Io conosco voi, o uomini superiori, io conosco lui, – io conosco anche quel maliardo che amo pur contro la mia volontà, Zarathustra; egli mi pare talvolta simile a una bella maschera di santo,

– simile a un nuovo singolare travestimento in cui compiace il mio spirito maligno, il mio demone della malinconia – spesso mi sembra di amar Zarathustra a cagione del mio spirito maligno.

Ma già s'impossessa di me e mi vince, questo spirito della pesantezza, questo demonio crepuscolare; e, in verità, uomini superiori, esso vuole ardentemente –

– aprite gli occhi! – vuole ardentemente giungere nudo, come uomo, come donna, non lo so ancora; ma esso viene, ahimè, tendete i vostri sensi!

Il giorno dilegua, viene ora per ogni cosa la sera, anche per ciò ch'è migliore; ascoltate dunque e vedete, o uomini superiori, qual demone, se maschio o femmina, sia questo spirito della melanconia vespertina!».

Così parlò il vecchio mago; guardò intorno malizioso ed afferrò poi la sua arpa.

3.

Nell'aria illuminata,

Quando già il conforto della rugiada

Sulla terra discende,

Invisibile, inudibile

Poi che porta calzature fini,

La consolatrice rugiada, come tutti i dolci consolatori: –Ricordi allora, ricordi o cuore ardente,

Com'eri assetato una volta,

Di lagrime divine, di gocce di rugiada,

Assetato, stanco, arso

Poi che sui gialli sentieri d'erba

Maligni raggi del sole che tramonta

Ti correvano intorno tra gli alberi scuri,

Raggi di sole avvampanti, accecanti, maligni?

L'amante della verità? Tu? – così ti schernivano –

No! Soltanto un poeta!

Una bestia astuta, rapace, strisciante

Che deve mentire, cosciente, volente,

E brama la preda

Colorata di larve,

Larva essa stessa,

Essa stessa una preda –

Questi – l'amante della verità?

No! Folle soltanto! Soltanto poeta!

Parlando soltanto a colori,

Gridando sotto variopinta lana di folle,

Errando sovra un ingannatore ponte di parole,

Su menzogneri arcobaleni,

Tra falsi cieli,

Tra false terre,

Errando, vagando, –

Folle soltanto! Soltanto poeta!

Questi l'amante della verità?

Non silenzioso, rigido, liscio, freddo,

Trasformato in immagine,

In statua divina,

Non posto dinanzi ai templi

A guardia di soglia divina:

No! Nemico a questi monumenti della virtù,

Più familiare al deserto che alla soglia del tempio,

Pieno d'audacie feline;

Saltando da ogni finestra

Giù in ogni caso,

Fiutando in ogni foresta vergine,

Fiutando con desiderio e passione.

Come corri nelle foreste vergini,

Tra le belve screziate,

Sano e colorito e bello come il peccato,

Con labbra desiderose,

Divinamente beffardo, divinamente infernale,

Divinamente bramoso del sangue,

Come corri rapace, menzognero, strisciante.

Oppure simile all'aquila che a lungo,

A lungo mira l'abisso,

Il suo abisso: –

Oh, come in basso

Più giù, dentro,

Sempre in profondità più profonde essa vola!

Poi,

D'improvviso, d'un colpo,

Riunite le ali,

Su gli agnelli precipita,

Con volo leggero, affamata,

Desiderosa d'agnelli,

Ostile a tutte le anime che sono agnello,

Detestante tutto ciò guarda

Come la pecora, e ne ha l'occhio e la lana,

E la mansuetudine dell'agnello!

Così

Come l'aquila, come la pantera,

Sono i desideri del poeta,

Sono i tuoi desideri, tra mille maschere,

Tu folle! tu poeta!

Tu che vedesti l'uomo

Ora Dio ed ora agnello!

Lacerare Dio nell'uomo

Come nell'uomo l'agnello

E lacerando ridere,

Questa, questa è la tua felicità!

Felicità d'aquila e di pantera,

Felicità di poeta e di folle!

Nell'aria illuminata,

Quando già la falce della luna,

Verde, tra il rosso purpureo,

S'insinua invidiosa

– nemica al giorno,

Scivolando ad ogni passo, furtiva

Presso i cespugli di rose,

Finchè esse cadono

Pallide, già nella notte!

Così caddi io stesso una volta

Per la follia del mio vero,

Per i quotidiani miei desideri,

Stanco del giorno, malato di luce,

– caddi giù verso l'ombra e la sera;

Per una verità

Assetato ed arso

– ricordi ancora, ricordi ancora o ardente mio cuore, Com'eri dunque assetato?

Che io sia esiliato

Da ogni verità!

Soltanto pazzo!

Soltanto poeta!

 

Così parlò Zarathustra

Traduzione italiana di Domenico Ciampoli