Zarathustra 71 | MEZZOGIORNO

MEZZOGIORNO

– Zarathustra corse e corse, ma non trovò più nessuno, e fu solo e ritrovò sempre soltanto sè stesso. Allora gioì della sua solitudine e l'assaporò e pensò a cose buone – lungamente. Ma a mezzodì, quando il sole si trovava proprio sopra la testa di Zarathustra, egli passò dinanzi ad un vecchio albero curvo e nodoso, strettamente abbracciato dal ricco amore di un ceppo di vite, di modo che non si scorgeva il tronco: pendevan da l'albero, offrendosi copiosi al viandante, grappoli dorati. Allora Zarathustra provò desiderio di estinguere la sua sete e di staccare un grappolo: ma, mentre stava per distendere il braccio ad afferrarlo l'assalì un altro desiderio ancora più forte: il desiderio di coricarsi ai piedi dell'albero, all'ora del pieno meriggio, per dormire. Questo fece Zarathustra, e appena fu disteso al suolo, nel silenzio e nel segreto dell'erba multicolore, la leggera sua sete si estinse ed egli si addormentò... Giacchè, come dice il proverbio di Zarathustra: «una cosa è più necessaria dell'altra». Ma i suoi occhi restavano aperti – essi non si saziavano infatti di guardare e di lodar l'albero e l'amore del ceppo di vite. E addormentandosi, Zarathustra disse così al suo cuore:

«Silenzio! Silenzio! Non divenne forse perfetto il mondo in questo momento? Che dunque m'accadde?

Simile a un vento grazioso che danza invisibile su liscie superfici marine, leggero, leggero come una piuma: così – danza il sonno sovra di me.

Non mi chiude gli occhi, lascia desta l'anima mia. È leggero in verità, leggero come una piuma.

Esso mi persuade, non so come... mi blandisce nell'intimo con carezzevole mano, e mi costringe. Sì, mi costringe a distendere l'anima mia: –

– come diventa lunga e stanca l'anima mia singolare! La sera del settimo giorno giunse per lei in pieno meriggio? Errò essa a lungo, felice, tra le cose buone e mature?

Essa s'allunga, s'allunga – sempre di più. Essa giace tranquilla, la mia anima strana. Essa gustò troppe cose buone; questa tristezza dell'ora la opprime, essa torce la bocca.

– Come una nave che entrò nel porto suo più tranquillo: – s'addossa ora alla terra, stanca del viaggio lungo e del mare incerto. Non è più fedele la terra?

Quando questa nave si stringe amorosamente alla terra: – basta allora che un ragno mandi a lei dalla terra i suoi fili, e non occorre corda più solida.

Come una stanca nave nel più tranquillo suo porto; così mi riposo io adesso vicino alla terra, fedele e fidente, in attesa di venir avvinto a lei con invisibili fili. Oh, felicità! felicità! Vuoi forse cantare, anima mia? Tu giaci nell'erba. Ma ecco l'ora segreta e solenne, in cui nessun pastore suona il flauto.

Attenzione! il calore di mezzogiorno batte sui campi. Non cantare! Silenzio! Il mondo è perfetto.

Non cantare, uccello dei campi, o anima mia! Non bisbigliare! Guarda dunque... Silenzio! Dorme il vecchio meriggio e muove la bocca: non beve forse in questo momento una goccia di felicità –

– una vecchia goccia densa d'aurea felicità, di vino dorato? Scivola sopra di lui la sua felicità sorridente. Così – ride un Dio. Silenzio! –

– «Quanto poco basta per la felicità!» così dissi un giorno, credendomi saggio. Ma era una bestemmia: l'imparai dopo. I pazzi accorti parlano meglio.

Appunto di ciò ch'è più lieve, silenzioso, leggero, d'un fruscio d'una lucertola, d'un sospiro, d'un momento, d'un batter d'occhi – di poca cosa è formata la miglior felicità. Silenzio.

Che mi successe? Ascolta! Fuggì dunque il tempo? Non cado io? non caddi – ascolta! nel pozzo dell'eternità?

Che mi succede! silenzio!, sento pungermi – ahi, – nel cuore? nel cuore! O spezzati, spezzati cuore, dopo tale felicità, dopo simile trafittura!

Come? non divenne forse perfetto il mondo, in questo momento? Rotondo e maturo? Oh, l'anello aureo e rotondo, dove fuggì? Io l'inseguo!

Silenzio... –» (e qui Zarathustra distese le membra e sentì che dormiva).

«Su! disse a sè stesso, o dormiglione! Pigro! Su, su, vecchie gambe! È tempo, è il tempo. Vi resta ancora buona parte di cammino da fare.

Cedeste al sonno, ma per quanto tempo? Una mezza eternità! Su, su mio vecchio cuore! Quanto tempo ti sarà necessario dopo un tal sonno per risvegliarti?».

(Ma di nuovo s'addormentava, e l'anima sua resisteva e si difendeva; e si pose contro di lui): – «Lasciami dunque! Silenzio! Non è adesso il mondo perfetto? Oh, la palla aurea e rotonda».

«Levati su –, disse Zarathustra, – piccola ladra, piccola oziosa! Come? Sempre stirarsi, sbadigliare sospirare, cadere al fondo del pozzo profondo?

Chi sei dunque, o anima mia!» (e si spaventò in quell'istante, giacchè un raggio di sole cadeva dal cielo sopra il suo viso).

«O cielo al di sopra di me – diss'egli con un sospiro, e si pose a sedere, – tu mi guardi? Tu ascolti l'anima mia singolare?

Quando berrai tu questa goccia di rugiada che cadde su tutte le cose del mondo, – quando berrai tu quest'anima singolare –

– quando, pozzo dell'eternità! Tu meriggio sereno e terribile del mezzogiorno! Quando berrai tu di nuovo l'anima mia?»

Così parlò Zarathustra, e si levò dal giaciglio ai piedi dell'albero, quasi uscisse da un'ebbrezza strana; ed ecco il sole stava ancora sopra il suo capo. Ma da ciò qualcuno potrebbe inferir con ragione che Zarathustra non avesse dormito a lungo.

 

Così parlò Zarathustra

Traduzione italiana di Domenico Ciampoli