Zarathustra 61 | I SETTE SUGGELLI (oppure: la canzone del Sì e dell'Amen)

I SETTE SUGGELLI

(oppure: la canzone del Sì e dell'Amen).

1.

Se sono un indovino e pieno di quello spirito divinatore che cammina sulle alte giogaie, tra due mari, –

tra passato e avvenire, come grave nube – nemico alle afose bassure, e a tutto ciò ch'è stanco e non può morire nè vivere;

pronto alla folgore che scoppia nelle tenebre, pronto al redentore raggio di luce, grave di folgori che dicon Sì! ridono Sì! ai divinanti bagliori:

– ma felice chi è grave in simile modo! Bisogna in verità che stia a lungo sospeso sui monti come grande uragano, colui che deve accendere un giorno la luce dell'avvenire!

E come non bramerei l'eternità, e il migliore anello nuziale, – l'anello del ritorno?

Non ancora trovai io la donna dalla quale vorrei dei figliuoli, se non quella donna che amo: giacchè ti amo, o eternità!

Giacchè io t'amo, o Eternità!

2.

Se mai la mia collera spezzò i sepolcri, rimosse le pietre del confine e gettò vecchie tavole rotte dentro gli abissi:

se mai il mio scherno sparse nel nulla parole decrepite, se sono venuto come una scopa per i ragni, e come vento purificatore per il lezzo delle vecchie stanze sepolcrali:

se mai mi sono assiso, dove giaccion sepolti i vecchi dèi, amando e benedicendo il mondo presso i monumenti dei vecchi calunniatori del mondo: –

– giacchè io amo anche le chiese e i sepolcri degli dèi, quando il cielo splende sereno a traverso le loro volte diroccate; volentieri seggo come l'erba e il rosso papavero presso i ruderi delle chiese –

– come non avrei bramosia dell'eternità, del migliore anello nuziale – l'anello del ritorno?

Mai ancora trovai io la donna dalla quale vorrei aver figli, se non quella donna che amo: giacchè t'amo, o eternità

Giacchè t'amo, o Eternità!

3.

Se mai giunse a me un alito del soffio creatore di quella divina necessità, che costringe anche il caso a danzare la danza delle stelle: se mai io risi del riso del lampo creatore, cui ruggendo obbediente segue il tuono lungo dell'azione:

– se mai giuocai alla mensa divina della terra, con i dadi degli dèi, così che la terra tremò e si ruppe, lanciando nell'aria flutti di fiamme: –

– giacchè mensa divina è la terra, tremante di nuove parole creatrici e d'un divino getto di dadi: –

– come non avrei desiderio dell'eternità, del miglior anello nuziale – l'anello del ritorno?

Mai ancora trovai la donna dalla quale vorrei aver figli, se non quell'unica donna che amo; giacchè t'amo, o eternità!

Giacchè t'amo, o Eternità!

4.

Se mai bevvi lungamente alla spumeggiante coppa di misture e di aromi, in cui son ben mescolate tutte le cose:

se mai la mia mano versò in ciò ch'è prossimo quel ch'è remoto, il fuoco nello spirito, la gioia nella pena, e le cose peggiori nelle migliori:

se sono io stesso un granello di quel sale redentore il quale fa sì che tutte le cose si mescolino bene nella coppa delle misture: –

– giacchè esiste un sale che lega il bene col male; e il male più grande è degno di servir come aroma e di far traboccare dalla coppa la schiuma: –

– come non avrei desiderio dell'eternità, del migliore anello nuziale – l'anello del ritorno?

Mai ancora trovai la donna dalla quale vorrei aver figli, se non quella donna che amo; giacchè t'amo, o eternità!

Giacchè t'amo, o Eternità!

5.

Se mi piace il mare e tutto ciò che gli appartiene, e ancora di più quando mi risponde adirato;

se porto in me questa gioia del cercatore, questa gioia che spinge la vela verso l'ignoto, se v'è nella mia gioia la gioia del navigatore:

se mai echeggiò il mio grido giulivo: «sparirono le coste – cadde ora l'ultima catena –

– l'immensità senza limiti mi rumoreggia intorno, scintillano lungi da me il tempo e lo spazio, orsù, orsù, vecchio mio cuore!» –

– come non avrei desiderio dell'eternità, del miglior anello nuziale – l'anello del ritorno?

Mai ancora trovai la donna dalla quale vorrei aver figli, se non quella donna che amo: giacchè t'amo, o eternità!

Giacchè t'amo, o Eternità!

6.

Se la mia virtù è virtù di danzatore, se saltai spesso con ambo i piedi nell'estasi d'oro e smeraldo:

se la mia cattiveria è una cattiveria ridente, cui piacciono i declivi di rose e le siepi di giglio:

– giacchè nel riso tutto ciò che è cattivo si trova insieme, ma fatto santo e beato dalla propria gioia: –

e se questo è il mio alfa e il mio omega, che tutto ciò ch'è pesante diventi leggero e ogni corpo un danzatore e ogni spirito un uccello: e in verità è il mio alfa e il mio omega;

– come non avrei desiderio dell'eternità, del miglior anello nuziale – l'anello del ritorno?

Mai ancora trovai la donna dalla quale vorrei aver figli, se non quella donna che amo: giacchè t'amo, o eternità!

Giacchè t'amo, o Eternità!

7.

Se mai distesi sopra di me i cieli tranquilli, volando con le mie ali nel proprio mio cielo:

se mai giocando navigai in profonde lontananze di luce, e la mia libertà acquistò saggezza d'uccello: –

– giacchè parla così la saggezza d'uccello: «Ecco, non v'è alto, non v'è basso! Gettati di qui e di là, avanti e indietro, tu che sei leggero! Canta! Non parlar più!

– «non son tutte le parole fatte per i pesanti? Non son menzogne tutte le parole a colui che è leggero? Canta! Non parlar più!» –

– come non avrei desiderio dell'eternità, del miglior anello nuziale – l'anello dell'eterno ritorno?

Mai ancora trovai la donna dalla quale vorrei aver figli, se non quella donna che amo: giacchè t'amo, o eternità!

Giacchè t'amo, o Eternità!

 

Così parlò Zarathustra

Traduzione italiana di Domenico Ciampoli