Zarathustra 20 | DEL MORSO DELLA VIPERA

DEL MORSO DELLA VIPERA

Un giorno Zarathustra s'era addormentato sotto un fico, poichè faceva assai caldo, e aveva incrociato le braccia sul capo. Gli si appressò una vipera e lo morse sul collo, così che Zarathustra gridò di dolore. Quando ebbe scostato le braccia dal collo, guardò la vipera: allora essa riconobbe gli occhi di Zarathustra e tentò a stento di sfuggirgli. «Ma no, disse Zarathustra, ancora non ti ho ringraziata! Mi svegliasti a tempo, la mia via è ancor lunga». «La tua via è ancor breve», disse la vipera afflitta, «il mio veleno uccide». Zarathustra sorrise. «Quando mai morì un drago per il veleno d'un serpente? disse. Ma riprendi il tuo veleno. Non sei ricca abbastanza per regalarmelo». Allora la vipera gli si gettò intorno al collo e gli lambì la ferita.

Quando Zarathustra raccontò questo ai discepoli, essi gli chiesero: «E qual è, o Zarathustra, la morale del tuo racconto?». Zarathustra rispose allora così:

Distruttore della morale mi chiamano i buoni ed i giusti: il mio racconto è immorale.

Ma se voi avete un nemico, non gli date il bene in cambio del male: giacchè ne avrebbe vergogna. Ma mostrategli invece ch'egli v'ha fatto del male.

O piuttosto irritatevi anzichè umiliarlo! E quando siete maledetti, non benedite, chè ciò non mi piace. Ma piuttosto imprecate un poco anche voi!

E se vi si fece un gran torto, fatene subito cinque leggeri! È orribile a vedersi chi non è oppresso che dall'ingiustizia.

V'era questo già noto? Il torto diviso equivale a mezzo diritto. E il torto deve addossarselo colui che sa portarlo!

Una vendetta leggera è cosa più umana che nessuna vendetta. E se la punizione non dev'essere anche un diritto e un onore per colui che trasgredisce, io non so che farmi delle vostre punizioni.

È più nobile dare torto a sè stesso che non il volere avere ragione, specie quando s'ha ragione. Ma bisogna essere ricco abbastanza per ciò.

Non mi piace la vostra fredda giustizia; negli occhi dei giudici vostri, vedo sempre il carnefice ed il freddo suo ferro.

Ditemi, dove sta la giustizia, che è amore con occhi veggenti? Trovatemi dunque l'amore che non porta soltanto i castighi, ma tutte le colpe! Trovatemi dunque la giustizia che assolve tutti, salvo chi giudica!

Volete sentire ancor questo? In colui che vuol'essere sinceramente giusto anche la menzogna diviene filantropia.

Ma come potrei io essere giusto nell'intimo? Come potrei dare ad ognuno il suo? Questo mi basti: a ognuno dò il mio.

Infine, o fratelli, badate dal far torto ai solitari! Come un solitario potrebbe dimenticare? Come potrebbe contraccambiare?

Il solitario è simile a un pozzo profondo. È facile gettarvi dentro un sasso: ma se precipita fino in fondo, chi potrebbe più trarnelo fuori?

Badate a non offendere il solitario! Ma se ciò vi fosse accaduto, ebbene, uccidetelo pure!

Così parlò Zarathustra.

 

Così parlò Zarathustra

Traduzione italiana di Domenico Ciampoli